“Andare dallo psicologo, per chi ha sopra i quarant’anni, è ancora per certi versi un tabù”. Davide Casto, psicologo psicoterapeuta di Nuova Medicina, nelle generazioni più giovani vede, invece, un diverso atteggiamento nei confronti della sua categoria professionale: “Sono persone che si informano di più, che hanno un contatto diretto con i social. E sono meno preoccupate all’idea di rivolgersi a uno psicologo”. I pazienti del dottor Casto, in questo periodo, sono per lo più tra i 25 e i 40 anni: “Le donne sono la parte preponderante, quelle più disposte a mettersi in gioco, a confrontarsi, a chiedere aiuto a persone esperte e competenti. Gli uomini, al contrario, hanno ancora l’illusione di poter fare tutto da sé. E magari, quando arrivano dallo psicologo, stanno già così male che hanno richieste alte, sproporzionate, quasi irrealistiche, come se noi avessimo la bacchetta magica”.

Per un percorso efficace, che porti a risultati tangibili in un tempo ragionevole, servono due ingredienti: occorre avere quella che Casto chiama la “motivazione intrinseca”: “Una delle frustrazioni che vivo come psicologo è poter fare poco sul piano della motivazione individuale, ed iniziale, del paziente: se la persona non è sufficientemente motivata a mettersi in gioco, è dura cambiare e intraprendere un percorso per stare meglio.  L’altro ingrediente necessario è creare un rapporto autentico di empatia e fiducia reciproca che consenta di fare dei significativi passi avanti”.

Tra le diverse ragioni che inducono le persone ad intraprendere un percorso psicologico, ce ne sono in particolare due: “Da un lato il bisogno, spesso impellente, di gestire l’ansia, dall’altro la necessità di fare ordine nella propria vita. In questi casi, non si fa tanto il classico percorso di psicoterapia perché ci sono problematiche gravi, ma si vuole fare ordine nella propria vita perché si è confusi, perché non si sta bene o perché qualcosa non torna. Devo dire che a livello professionale questi percorsi, in genere abbastanza veloci, sono molto stimolanti. Perché i pazienti diventano un po’ gli ‘psicologi di se stessi’, imparano a tradurre psicologicamente comportamenti e schemi quotidiani, dotandosi di alcuni strumenti che servono loro, per esempio, a relazionarsi e ad anticipare certe ferite”.

Anche le coppie stanno aumentando sempre di più: “Quando arrivano da me, considerano lo psicologo un po’ l’ultima spiaggia. Hanno già considerato la strada del ‘tenere botta’ e quella di separarsi. E, mossi in genere da un’alta consapevolezza, decidono di provarci con un aiuto esterno. Il lato positivo è che vedo spesso coppie giovani, con cui le possibilità di sistemare le cose sono maggiori”.

Il metodo di lavoro di Casto, con tutti, è per obiettivi: “Se non mi torna utile andare indietro nel tempo, non lo faccio. Cerco di stare nel presente, stimolando le persone a essere sempre più autonome, dando loro i giusti strumenti per non cadere nei soliti schemi quotidiani. Nel 90% dei casi, do anche dei’ ‘compiti a casa’. Un esempio? Con una coppia molto conflittuale dove le famiglie di origine erano eccessivamente invadenti nella loro vita  al punto da farli litigare quasi costantemente, dopo aver ascoltato le innumerevoli critiche e rimostranze, ho chiesto ad entrambi di scrivere una lettera sui genitori altrui, elencando ciò che, sinceramente, più apprezzavano e stimavano dell’altro, così da riportarli ad un piano di realtà e vedere anche l’altra faccia della medaglia. Perché il conflitto ci fa vedere solo il brutto dell’altro, mettendo in secondo piano, se non facendoci dimenticare, ciò che ci piace, c’è di bello, ci attrae dell’altra persona. Un altro esempio? A un paziente con molta ansia, invece, ho chiesto di focalizzarsi e fare una lista di tutte quelle azioni quotidiane, anche piccole, che lo fanno stare bene. Perché la filosofia di fondo è semplice: ognuno di noi è il più grande esperto di se stesso, anche se a volte non ne siamo consapevoli”.